La vicenda delle reliquie dell’apostolo Matteo ha tutto il sapore del Medioevo. Una vicenda dove si s’intrecciano storia e leggenda, viaggi per mare, rovine archeologiche, furti, vescovi santi e monaci infedeli, sogni e rivelazioni, miracoli, scorrerie saracene, principi longobardi, antichi codici. Siamo in Campania. Le reliquie di Matteo si trovano oggi nella cattedrale di Salerno. Vi giunsero un millennio fa dal Cilento, traslate dalle rovine della romana Velia, l’Elea greca. Quel percorso sta diventando una Via sacra, una proposta di scoperta del territorio lungo “il cammino di san Matteo”.
Matteo apostolo ed evangelista

Ma andiamo con ordine. Innanzitutto, chi era Matteo? Fu uno dei dodici apostoli di Gesù e fu anche l’autore del primo Vangelo, indirizzato agli Ebrei di Palestina. Tutto quello che i Vangeli ci dicono di lui si riduce alla sua vocazione: pubblicano, cioè esattore delle imposte a Cafarnao, sulle rive del lago di Tiberiade, fu chiamato da Cristo a far parte del gruppo privilegiato dei Dodici mentre era al lavoro e volle offrire a Gesù e ai colleghi esattori un banchetto per festeggiare il suo cambiamento di vita. Andò a evangelizzare le genti orientali nell’attuale Iran.

Morì probabilmente di morte naturale anche se alcune fonti lo vogliono martirizzato di spada nell’Etiopia del Ponto. La sua vocazione e il martirio sono stati immortalati in due celebri dipinti di Caravaggio. Matteo fu sepolto in Persia, in una città dei Parti. Nell’epoca del commercio delle reliquie, il suo corpo fu prelevato da alcuni mercanti del Léon che intendevano portarlo in Europa. Al largo della Bretagna, secondo la leggenda, questi furono miracolosamente salvati da un naufragio e sbarcarono sulla Pointe Saint-Mathieu. Qui, per ospitare le reliquie del santo, Tanguy costruì un monastero tuttora esistente.

Il cammino italiano delle reliquie di Matteo
A metà del quinto secolo, nel corso della campagna militare promossa in Francia dall’imperatore romano d’occidente per contrastare l’avanzata degli Unni, il prefetto militare Gavino, cavaliere lucano, esuma le reliquie di San Matteo in Bretagna e le porta nella sua città natale, la decaduta Velia, con l’idea di risollevarne le sorti. In realtà di quelle reliquie si perderà la memoria, complici anche le alluvioni e i terremoti che sotterreranno le rovine di Velia. Solo nel decimo secolo, un monaco le ritroverà e le custodirà in una cappella. Il vescovo di Paestum, saputo del ritrovamento, si mette in cammino e si fa consegnare le reliquie. Accompagnato da un festoso corteo, dopo aver attraversato il fiume Malla e riposato la notte nella chiesa di San Pietro, raggiunge la località di Ruticinum per poi proseguire verso la sua cattedrale a Capaccio. La notizia del ritrovamento è intanto giunta anche a Salerno. Il principe Gisulfo invia a Capaccio un’autorevole delegazione di dignitari che si fa consegnare le reliquie dal vescovo locale. Il corpo di San Matteo entra così trionfalmente a Salerno. Dopo una collocazione provvisoria nel palazzo del principe, nel 1080 viene tumulato nella cripta della cattedrale di Salerno, edificata nel frattempo in suo onore.

Velia

Il nostro cammino sulle tracce di Matteo inizia a Velia. Dall’odierna località balneare di Marina di Ascea, una breve passeggiata conduce al Parco archeologico, situato ai piedi del promontorio. Una sorta di museo all’aperto dove i resti antichi contendono lo spazio alla macchia mediterranea e agli ulivi. Qui nel 540 avanti Cristo arrivarono i Focei, popolo di navigatori e commercianti, provenienti dall’Asia minore, in fuga dagli invasori persiani. Fondarono una colonia e la chiamarono Elea. Ebbero rapporti, non sempre amichevoli, con i bellicosi Lucani e con la vicina Poseidonia (la futura Paestum). Si allearono con Roma e divennero civitas foederata. Elea passò a chiamarsi Velia e, grazie ai traffici commerciali e alimentari nel Mediterraneo, conobbe un lungo periodo di floridezza. In età imperiale, con l’insabbiamento dei porti e l’impaludamento della costa, cominciò la decadenza. Secondo alcune fonti, il corpo di San Matteo sarebbe stato inumato sotto una lastra di marmo, in un’abitazione situata a lato delle Terme romane, e lì sarebbe rimasto per circa cinque secoli.

Ad duo flumina

Da Velia, San Matteo fu traslato nella località “ad duo flumina”, un’isola fluviale formata dall’Alento e un suo affluente che all’epoca aveva una propria foce a mare. Si ipotizza che tale località corrisponda all’odierna Marina di Casal Velino, dove il culto del Santo assunse notevole importanza tanto da essere rimasto ben radicato ancora oggi. Nella piccola cappella le spoglie dell’Apostolo riposarono in un arcosolio prima di riprendere il viaggio verso la città di Salerno.

Ruticinum

Lasciato l’insediamento dei velini, le spoglie partirono per l’antica Caputaquis, oggi Capaccio La distanza tra le due località rese l’impresa non poco difficoltosa tanto da far decidere al Vescovo di Paestum che seguiva i lavori, di far sosta a Rutino, nella Chiesa di San Pietro. Secondo la leggenda, i portatori stremati per le fatiche del trasporto, stavano quasi per accasciarsi al suolo poco prima di giungere in paese. Fu in quel punto che miracolosamente sgorgò una sorgente che dissetò i portatori: ancora oggi è visibile la fontana che porta proprio il nome di San Matteo.
Capaccio

Dopo la sosta di Rutino, il corteo con le spoglie di San Matteo giunse nella cattedrale di Capaccio, la città nel cui territorio sorgono i templi di Paestum. Il corpo dell’apostolo fu adagiato in un’urna marmorea. Chi entra nella chiesa ex cattedrale, oggi santuario diocesano della Madonna del Granato, può vedere una lapide del 1708 che ricorda la reposizione del Santo. L’altare del santuario è costituito dall’urna marmorea del Santo e dal paliotto che la ricopriva.

La cattedrale di San Matteo a Salerno

Per impedire che fossero trafugate durante le continue incursioni saracene, le preziose spoglie partirono alla volta di Salerno e nel 954 giunsero in città, dove furono accolte nella chiesa di palazzo del principe, prima di essere sistemate definitivamente nelle splendide architetture della cripta del Duomo. La cripta, come la si vede oggi, corrisponde ai lavori eseguiti agli inizi del Seicento dagli architetti Domenico Fontana e del figlio Giulio Cesare, i quali hanno valorizzato la centralità del sepolcro di san Matteo.

Nel 1544, secondo la tradizione, il santo patrono Matteo salvò Salerno dalla distruzione, costringendo alla fuga i pirati Saraceni, capeggiati da Ariadeno Barbarossa, che assediavano la città dal mare. Due affreschi nella cripta descrivono l’episodio di quest’assedio e la tempesta scatenata da San Matteo, che fece affondare gran parte della flotta nemica e salvò la città.

San Matteo, in virtù della sua attività professionale, è stato dichiarato patrono dei ragionieri, della guardia di finanza, dei banchieri, dei bancari, dei doganieri, dei cambiavalute, dei contabili e degli esattori.

(Ho visitato i luoghi nell’ottobre 2017)
Dal 14 maggio 2019..una reliquia del corpo di San Matteo Ap Ev. Potrà essere venerata nella cappella AD Duo Flumina in CasalVelino Marina… Promotori dell’iniziativa il presidente del Gruppo di Preghiera i Fedeli di San Matteo .. Alfonso Grieco.
Grandioso ….grazie, ma i cittadini di CasalVeIino …si sono resi conto del grande privilegio e della importanza di questa cosa’?…..