Appennino sannita. L’anello del monte Capraro di Capracotta

Una simpatica e barbuta capretta ha forse ispirato i nomi di Capracotta e Capraro? Alcuni studiosi pensano proprio di sì perché hanno scoperto che una testa di capra veniva cotta in uno dei rituali dei Longobardi. Altri propendono per ‘kap’ e ‘kott’, termini che nella lingua indoeuropea definivano un luogo alto e roccioso. E poi, dicono altri, un luogo elevato e impervio non è per definizione un posto adatto solo alle capre? 

Capre o no, il monte Capraro è una bella montagna dell’Appennino sannita situata nell’Alto Molise, in provincia di Isernia. Si solleva fino a 1730 metri tra Capracotta e Vastogirardi, su una vasta foresta di cerri e di faggi. È una montagna tipicamente calcarea che tra le fitte e fresche faggete lascia affiorare praterie d’alta quota, rocce sconvolte, grotte, antichi ruderi e inghiottitoi. Ai suoi piedi si trova la sorgente del fiume Trigno, il fiume che sfocerà in Adriatico dopo aver segnato lungamente il confine tra il Molise e l’Abruzzo.

L’escursione che ne raggiunge la vetta e inanella un percorso circolare sul suo versante orientale è agevole, varia e con un dislivello non eccessivo, pari a poco più di 350 metri. È soprattutto ricca di motivi di interesse, naturalistici e storici. Ne segnaliamo ben cinque: il memoriale della guerra; lo stazzo pastorale; le rocce carsiche; i ruderi del monastero benedettino; il panorama sull’alto Molise.

Una certa confusione è generata dal sovrapporsi di numeri e segnaletica dei sentieri: agli storici sentieri A4 e A5, si è affiancata nel tempo la segnaletica del Sentiero Trekking Italia, fino alla più recente numerazione tabellata dal Comune di Capracotta. Sul terreno seguiremo comunque prevalentemente le bandierine bianco-rosse del Sentiero Trekking Italia (STI) e i percorsi in successione dei sentieri 334, 350A e 332.

Il punto di partenza si trova due km a sud di Capracotta sulla strada provinciale 87, al bivio stradale per San Pietro Avellana. In questa località, denominata ‘Sotto il Monte’, sorgono le strutture della stazione di risalita degli impianti sciistici di monte Capraro. Un monumento e un crocifisso fanno memoriale del tragico passaggio dell’ultima guerra: l’occupazione tedesca e la distruzione di Capracotta nel novembre 1943, il transito dei prigionieri di guerra in fuga dai campi di detenzione e l’assistenza loro fornita dalla popolazione locale, la fucilazione dei fratelli Rodolfo e Gasperino Fiadino ‘rei di aver ospitato prigionieri fuggiaschi’.

Il sentiero inizia esattamente dal bivio, su terreno scoperto. Lo trovo in eccellenti condizioni, ampio, sfalciato e protetto da banchine di legno. Dalla quota di 1365 metri si alza progressivamente al margine del bosco con bello scorcio su Capracotta e i monti che gli fanno corona. Dopo una ventina di minuti si raggiunge il costone dello Iaccio della Vorraina.

Il primo incontro è il fontanile per l’abbeverata degli animali a lato del sentiero. Lo stazzo (iaccio) del pastore, ancora in attività, è localizzato sulla verticale, poco più in basso, a margine della strada. Il suo nome deriva dall’addiaccio, ovvero il recinto nel quale il pastore raccoglie il gregge di pecore durante la notte. E il nome ‘Vorraina’ potrebbe alludere a qualche erba che cresce in zona.

Poco oltre si scopre il trullo di Assio. Si tratta di una capanna circolare costruita con pietre a secco e coperta da una cupola con lastre di pietra aggettanti. Queste capanne, definite con termini diversi (caselle, pagliare, trulli, tholos), si trovano numerose su questa fascia di montagna tra Agnone, Capracotta e Vastogirardi. In gran parte ormai in rovina, erano costruite dai pastori-agricoltori a margine dei campi coltivati con funzioni di rifugio, ricovero di fortuna, deposito di attrezzi e prodotti, caseificio, stalla e canile. Il nome ‘Assio’ è un’aggiunta recente, legata al fortunato romanzo “Viteliù” di Nicola Mastronardi. L’autore ambienta presso il trullo l’incontro tra Gavio Papio Mutilo, Meddìss dei Sanniti, e i pastori Eumaco e Assio, che ricostruiscono una delle vicende più tragiche del conflitto tra i sanniti e i romani.

Accanto al trullo restaurato è stata opportunamente rialzata la ‘mandra’, il recinto utilizzato come orto domestico o stabulario provvisorio. Sono stati inoltre collocati alcuni tavoli creandovi un’area picnic che può essere la destinazione di una passeggiata più breve. Il sentiero entra ora nel bosco procedendo a tornanti tra gli alberi e avvicinandosi agli impianti sciistici di risalita e alla pista di discesa. 

Più in alto il sentiero lascia il morbido terreno coperto di foglie e si scontra con una bastionata rocciosa nella quale si aprono sinuose fratture e profonde trincee. Si susseguono campi solcati, scannellature, solchi tortuosi, crepacci carsici, cavità e piccole vasche. L’area è geologicamente una mirabile rassegna di fenomeni calcarei di corrosione che incutono sentimenti repulsivi e impressionano come una bolgia dantesca.

Si racconta che queste profonde fratture tra le rocce erano un tempo utilizzate come neviere e ghiacciaie: la neve invernale vi era conservata, pressata e coperta con rami di faggio. Da questi ‘frigoriferi’ naturali la neve ghiacciata veniva poi prelevata nei mesi estivi e utilizzata per soddisfare le più svariate richieste.

Siamo ormai giunti nella località “Piana del Monte”, zona pianeggiante di congiunzione dei monti Civetta e Capraro e punto di arrivo della seggiovia. Vi è ubicato un rifugio chiuso, utilizzato saltuariamente come luogo di servizio e ristoro per gli sciatori. 

Un tratto ripido del sentiero si divincola ora tra speroni di pietre e corridoi rocciosi e raggiunge la cresta sommitale. Il sentiero è ora un ‘percorso di guerra’ tra radici, roccette acuminate e saliscendi, un po’ divertente e un po’ fastidioso, a seconda dei punti di vista. Siamo in vetta, anche se la cima è boscosa e poco individuata trattandosi in realtà di una di una cresta allungata per alcune centinaia di metri.

In leggera discesa incontriamo ora, sempre in cresta, i resti di ambienti definiti monastero benedettino. Si tratta più realisticamente, dato il contesto, di un piccolo eremo medievale, dedicato a Giovanni il Battista.

La discesa si fa più marcata e il sentiero, sempre ottimamente segnato, esce dal bosco e traversa una zona prativa. Su uno spuntone a margine di una bastionata rocciosa è stata innalzata una croce moderna con un artistico Cristo stilizzato. In basso è il profilo boscoso del monte Cavallerizzo. 

Il grandioso panorama si allarga dai monti di Capracotta ad Agnone e alle valli del Verrino e del Trigno. Si continua a scendere tra bosco e radure, con qualche passaggio scomodo tra le rocce. Si arriva finalmente alla località della Crocetta, un valico che mette in comunicazione la zona di Vastogirardi con quella di Capracotta. Da qui, disponendo di tempo e volendo proseguire, si può risalire il monte Cavallerizzo alla ricerca delle mura di antiche fortificazioni sannitiche. 

Dalla Crocetta inizia una comoda strada sterrata che si tiene in quota a margine del bosco, parallela alla strada provinciale. La si percorre lungamente fino a raggiungere l’asfalto poco a monte della località Fonticelle (fontanile con area picnic). Sulla strada o sul sentiero più in alto si torna al bivio-parcheggio alla base degli impianti e al punto di partenza. Avremo impiegato complessivamente tre ore. 

(Escursione effettuata il 13 giugno 2024)

Lascia un commento