Il Redentore di Maratea e il cammino di San Biagio

Maratea presidia lo sbocco della regione Basilicata sul mar Tirreno. E lo fa in maniera grandiosa, esponendo una colossale statua del Cristo redentore rivolta a braccia aperte alle sue genti. 

Amata dai turisti per il suo mare, Maratea si incunea tra il golfo di Policastro e la costa calabra di Praia e Scalea. Ma anche il suo retroterra è importante, incorniciato com’è da ben tre parchi nazionali: quello del Pollino, il parco dell’Appennino lucano e il parco del Cilento.

Agli escursionisti Maratea propone la salita alla grande statua lungo il Cammino di San Biagio. Il percorso, evidente e segnalato da pannelli descrittivi, inizia dalla chiesa di santa Maria Maggiore nel centro storico e raggiunge in tappe successive la basilica di San Biagio e la statua. La prima sosta è a Via dei Santicelli nel rione Capocasale inclusivo della Chiesa di San Vito. La seconda sosta è all’ingresso del Borgo. La terza sosta è nel bosco che copre il Monte Minerva (ora San Biagio) al Largo delle Benedizioni. La quarta sosta è in località Santa Caterina di Alessandria. La quinta sosta è in località San Biasello. La sesta sosta è a Porta Santa Maria al Castello. La settima ed ultima sosta è nel Santuario-Basilica Pontificia di San Biagio. 

È comunque già gratificante limitarsi alle ultime tappe del ‘cammino’, partendo dalla base della strada o dal parcheggio delle auto, affacciandosi al belvedere e percorrendo il rione medievale. Il percorso a piedi evita anche i vertiginosi tornanti della strada che possono risultare impressionanti per alcuni.

Nella fase finale della salita si percorrono le rovine della città antica. Del suo impianto urbanistico altomedievale di cittadella fortificata oggi restano pochi ruderi, conseguenza del lungo assedio e della distruzione della città vecchia, detta Castello, da parte dell’esercito napoleonico nel 1806. Fu da allora che la popolazione marateota si spostò definitivamente nell’attuale Maratea centro, un po’ più a valle sulle pendici del monte per renderla invisibile dal mare, al sicuro dagli attacchi saraceni.

Raggiunto il piazzale si apre il sagrato della maestosa basilica di San Biagio. La sua storia è lunga. Prese forma tra il sesto e il settimo secolo sulle preesistenti strutture di un tempio pagano forse a opera di una comunità di monaci provenienti dall’oriente. Nei secoli è stata ampliata, aggiungendo le tre navate centrali, il portico e il campanile che era forse una torre di difesa del borgo.

Nella Regia Cappella, ricavata nel 600 all’interno della basilica, sono custodite le reliquie di san Biagio protettore della città, che secondo la leggenda giunsero miracolosamente dal mare all’isola di Santo Janni nell’anno 732.

Dalla basilica si raggiunge con una brevissima passeggiata quello che è diventato un po’ il simbolo di Maratea, la ciclopica statua del Redentore, seconda per dimensioni soltanto a quella del Corcovado di Rio de Janeiro. È alta, infatti, ben ventidue metri con un’apertura delle braccia di diciannove e un volto largo tre metri. 

Venne installata nel 1965 dallo scultore fiorentino Bruno Innocenti sul margine estremo del monte dove la sua accecante silhouette bianca (è realizzata in cemento bianco e scaglie di marmo di Carrara) contrasta con l’azzurro del cielo e del mare.

Percorrendo l’anello che circonda la statua, a 644 metri di quota, è possibile osservare un memorabile panorama circolare. A nord-ovest si allarga il golfo di Policastro che termina con la costa degli Infreschi dominata dal monte Bulgheria.

A sud si allunga la frastagliata costa lucana con l’isolotto di Santo Ianni. Al di là del monte Cifolo, ormai in Calabria, si staglia l’isola di Dino che fronteggia Praia a Mare e il capo Scalea. A est si osserva l’entroterra di Maratea con la valle percorsa dalla provinciale 3 ‘Tirrena’ che sale fino al passo Colla, stretto tra la Serra e il monte Crivo.

(Ho visitato Maratea il 7 aprile 2023)

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