I siti rupestri di Castel Sant’Elia

Il paesaggio di Castel Sant’Elia è segnato dalle rupi e dalle forre tipiche dell’Etruria meridionale. I borghi della Tuscia viterbese sono spesso appollaiati sugli speroni di tufo che si alzano con le loro ripide pareti sulle profonde valli fluviali.

La valle Suppentonia e la chiesa di Sant’Antonio a Castel Sant’Elia sullo sfondo del monte Soratte (dipinto di Massimo d’Azeglio)

Il marchese D’Azeglio, che fu anche primo ministro del Regno di Sardegna, seguendo la sua passione per la pittura, aveva soggiornato a Castel Sant’Eliae aveva osservato: “Le pareti di queste voragini sono per lo più grandiosi squarci di rocce a perpendicolo, talvolta scoscendimenti erbosi o vestiti di boscaglie”. E aveva esclamato: “Non ho mai veduto un più ricco tesoro di bellezze naturali per lo studio di paese!”.

La Valle Suppentonia

Il promontorio tufaceo si alza sulla boscosa Valle Suppentonia, allungata tra Nepi e Civita Castellana, scavata da un torrente chiamato Fosso di Castello o della Mole Vecchia, tributario del Treja. La valle è percorsa da sentieri naturalistici che si aprono la strada nella rigogliosa vegetazione riparia e che collegano ponti, cascate e vie cave. A mezza costa, su un terrazzo naturale, sorge l’antica basilica romanica di Sant’Elia, con i suoi affreschi visionari dell’Apocalisse.

Ambiente rupestre a due vani con muro divisorio

Le pareti della rupe sono traforate da grotte che gli antichi Falisci scavarono per la sepoltura degli abitanti dei loro villaggi che sorgevano in alto, difesi da fossati scavati nel tufo. Isolate o coordinate in serie a formare nuclei sepolcrali, queste grotte furono ampliate, modificate e riutilizzate nei secoli successivi.

Tomba falisca

Ne fruirono i monaci, che s’insediarono con le loro piccole comunità nelle celle dei monasteri rupestri, e gli anacoreti che cercavano la solitudine di eremitaggi isolati e solitari. Furono anche utilizzate come cantine, stalle, depositi di materiali, frantoi, palmenti e laboratori artigiani.

L’eremo di San Leonardo

Di grande interesse è l’insediamento eremitico ipogeo di San Leonardo, recentemente restaurato e reso visitabile. Lo si raggiunge dal belvedere Mazzolini con una rampa discendente di scale e un viottolo su una cengia orizzontale della rupe, protetta da staccionata e dotata di panchine.

L’arcosolio e l’altare

Attraverso un’ampia apertura si entra in un vano a pianta irregolare che costituiva l’ambiente delle celebrazioni liturgiche. Sul fondo sono stati scavati un arcosolio, un altare, una piccola abside e una monofora.

Resto di affresco con l’inizio del Vangelo di Giovanni

L’aula liturgica era interamente rivestita di affreschi sulle pareti intonacate. Di questo ciclo sono rimasti soltanto pochi brandelli di pittura, bisognosi peraltro di restauro. Si riconoscono a stento alcune figure di santi e forse una deesis. Ancora leggibile è il rotolo che riporta l’incipit del Vangelo di Giovanni: “In principio erat verbum et verbum erat apud Deum”.

L’abside affrescata

A sinistra dell’ingresso una porta scavata immette in un secondo ambiente, una cella monacale quadrata, dotata di una finestra per l’illuminazione e l’aerazione. Un ampio foro circolare immette poi in un terzo ambiente, con la parete crollata e aperto sull’esterno.

La grotta di Santa Maria ad Rupes

La fama popolare di Castel Sant’Elia è soprattutto legata a un sito rupestre santuariale dedicato a Santa Maria “ad Rupes”, una grotta scavata sulla parete della rupe che contiene un venerato affresco con la Madonna che ha il bambino dormiente steso sulle ginocchia. Il luogo di culto risale al sesto secolo, quando alcuni monaci si insediarono nelle cavità presenti nelle pareti tufacee.

L’eremitaggio dell’abate sant’Anastasio

Il fondatore di quella comunità benedettina fu Sant’Anastasio di Suppentonia, che si ritirava in preghiera in una grotta eremitica ancora esistente e segnalata. La vicina grotta dedicata al culto mariano fu ampliata molti secoli dopo, dopo un lungo periodo di abbandono.

La scalinata di Fra’ Rodio

A valorizzare il luogo fu il francescano Andrea Rodio che, alla fine del Settecento, scelse di vivere qui da eremita e custode. Per facilitare la discesa dei pellegrini alla grotta egli incise a mano una scalinata di 144 gradini all’interno della rupe e costruì la Via dei Santi (oggi chiusa) che collegava la grotta alla basilica di sant’Elia. Il crescente afflusso di pellegrini portò poi alla erezione in alto, alla fine dell’Ottocento, della chiesa di San Giuseppe e del vicino convento, al termine di un lungo viale alberato. In alternativa alla scalinata di fra’ Rodio è stata costruita una strada che scende a gomito lungo il crinale, lungo la quale si trovano una terrazza panoramica, piccoli orti, giardini e grotte. La discesa termina alla Casa del Custode, tramite la quale si accede alla grotta.

La rupe di Castel Sant’Elia

(Ricognizione effettuata il 15 aprile 2019)

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