Maccarese e le terre della bonifica

Quando l’aereo compie la larga virata sul lago di Bracciano, scende di quota e punta decisamente verso le piste di Fiumicino, vediamo scorrere sempre più vicino sotto i nostri occhi il nastro delle terre della bonifica, distese tra l’azzurro del mare e il paesaggio rugoso dei colli. I viali rettilinei bordati dai pini marittimi e i canali collettori gonfi d’acqua staccano le belle tenute agricole, gli allevamenti e i campi coltivati, punteggiati con regolarità dai piccoli borghi agricoli. Vengono da qui i prodotti freschi che i romani trovano sulle loro tavole.

Caccia in palude a Maccarese (Enrico Coleman, 1887)

Tuttavia questa zona dell’Agro Romano non ha sempre avuto l’aspetto attuale. Originariamente era un luogo selvaggio e inospitale, con terreni paludosi e maleodoranti, avvolti da miasmi di aria malsana, con pochi abitanti avvelenati dalla mal’aria. Già gli Etruschi che abitavano le città sui colli fecero i primi tentativi di bonifica fondando i porti sulla costa e costruendo le strade di collegamento. Alla fine del Seicento un Papa volenteroso fece piantare migliaia di pini sulla costa nel tentativo di assorbire l’acqua in eccesso e proteggere l’entroterra dalle burrasche marine.

Gli scariolanti al lavoro

Verso la fine dell’Ottocento, quando Roma era diventata la capitale d’Italia, ci fu un tentativo consistente di bonifica. Nel 1880 il Ministero dei lavori pubblici approvò il progetto della Società Angeletti Canzini Fueter per la bonifica dei territori di Maccarese, Campo Salino, Ostia e Isola Sacra, mediante la realizzazione di canali e impianti idrovori. La società affidò in subappalto i lavori di bonifica all’Associazione dei braccianti di Ravenna, richiamando così sul litorale un gran numero di manovali romagnoli con le loro famiglie. I “ravennati” erano divisi in due gruppi: i “terrazzieri”, deputati alla realizzazione degli scavi, e gli “scariolanti” addetti al trasporto del terreno e alla costruzione degli argini dei canali. Le acque via via incanalate erano immesse in un sistema di canali e quindi convogliate al mare. Gli esiti furono sensibili ma restarono parziali, anche per la scarsa partecipazione della grande proprietà fondiaria.

Dall’Archivio Maccarese

A metà degli anni Venti del Novecento un nuovo tentativo ottenne il successo decisivo. La costituzione di società finanziarie, la suddivisione nei due lotti a nord e a sud dell’Arrone, gli incentivi statali, le prospettive positive di redditività per gli investimenti necessari portarono in una decina di anni alla bonifica integrale, alla costruzione dei borghi, alla scomparsa della malaria e al radicale cambiamento del paesaggio agricolo. I nuovi bisogni di manodopera per la gestione dei poderi acquisiti alle coltivazioni (cerali, ortaggi, vigneti) e all’allevamento delle vacche da latte furono garantiti da una consistente immigrazione di contadini e di loro famiglie provenienti dalle pianure del Veneto.

Le terre della bonifica nella cartina IGM del 1954

Maccarese e il Castello

Maccarese è il centro dell’Agro Romano amministrativamente diviso tra il Comune di Fiumicino e Roma Capitale. Il toponimo deriva probabilmente da Vaccarese o Vaccaritia e rivela così la secolare vocazione agricolo-pastorale di questo territorio.

Maccarese oggi

Il borgo rurale è situato lungo il fiume Arrone, a cinque km dal mar Tirreno, e si è sviluppato attorno a un antico castello già dei Rospigliosi in concomitanza con la bonifica integrale iniziata nel 1925. Maccarese si sviluppò allora su due poli: un villaggio a ridosso del Castello San Giorgio, provvisto di ospedale, parrocchia, scuola, ufficio postale, negozi e officine; il centro industriale adiacente la stazione, comprendente un silos per i cereali, una centrale per la raccolta del latte, una cantina per il vino, il magazzino per le macchine agricole, la stalla per l’esposizione e la vendita del bestiame. All’aggregato principale facevano corona 35 aziende agricole poste a distanza regolare e collegate dalla rete elettrica e dalla rete per la distribuzione dell’acqua potabile. Il prosciugamento delle paludi malariche e la costruzione dei canali collettori delle acque hanno guadagnato all’agricoltura vaste estensioni di terra, destinate ai cereali e ai vigneti. La macchia spontanea è stata in gran parte sostituita con pinete. Alcune aree residue del paesaggio antico sono oggi salvaguardate da oasi e riserve naturali.

Il Castello di Maccarese e l’Arrone

Il castello di Maccarese, detto anche di San Giorgio o Rospigliosi, più che un castello in senso stretto è in realtà un palazzo fortificato: furono infatti i Mattei, nel Cinquecento, ad aggiungere agli angoli i quattro massicci bastioni che lo caratterizzano in senso militare. Nel Seicento il castello si connotò sempre più come villa e nel secolo successivo i Rospigliosi, nuovi proprietari, lo ampliarono, restaurarono e abbellirono nei decori interni. Al principe Camillo Rospigliosi si deve anche, nel 1761, la costruzione nel giardino della cappella dedicata a San Giorgio. Il Castello è oggi di proprietà della Società Maccarese Spa e ne ospita gli uffici. È anche sede del Polo di formazione per lo sviluppo agro-zootecnico.

L’Ecomuseo del Litorale

Nei locali a pianoterra del Castello di San Giorgio ha trovato la sua sede il polo di Maccarese dell’Ecomuseo del Litorale Romano, realizzato dalla Cooperative Ricerche sul Territorio, in collaborazione con la società Maccarese Spa. I visitatori vi vedono scorrere le immagini e le testimonianze storiche della campagna romana verso il mare e in particolare le vicende legate al lavoro delle genti per la redenzione del territorio e il suo utilizzo agricolo nel corso degli ultimi due secoli.

Una sala dell’Ecomuseo

Nel Polo sono esposti documenti, carte, immagini, fotografie, film, modelli, oggetti, attrezzi, in gran parte provenienti dagli archivi di famiglia. Un documentario sulla storia dell’immigrazione avvenuta negli anni Venti e Trenta per la nascita dell’azienda agricola Maccarese, è in proiezione continua in una delle sale del museo.

Le Vasche di Maccarese

Le Vasche di Maccarese sono cinque vasche artificiali costruite nel 1970 per la caccia di palude e poi riconvertite all’allevamento dei pesci, con risultati scoraggianti. Abbandonate al loro destino le vasche videro nel tempo insediarsi una fauna e una flora tipica degli ambienti umidi. Oggi hanno ritrovato un ruolo grazie alla nascita di un’Oasi del Wwf.

L’accesso all’Oasi Wwf

Rimangono un ambiente artificiale, creato dall’uomo, ma presentano una notevole biodiversità con oltre cento specie di piante e una ricca avifauna. È possibile individuarvi quattro distinte zone vegetazionali: la vegetazione acquatica; la fascia degli eucalipti; il canneto con la cannuccia di palude; i prati, presenti lungo i sentieri che dividono le vasche, caratterizzati da fioriture notevoli. Significativa è la presenza di pesci, anfibi, rettili e mammiferi; le vasche grazie alla sorprendente naturalità raggiunta, sono diventate un fondamentale punto di sosta e svernamento per moltissime specie di uccelli.

La vasca dell’Oasi Wwf

L’Oasi è situata nel territorio comunale di Fiumicino, all’interno di una vasta zona di campi. La si raggiunge da Maccarese percorrendo per un km la Via di Campo Salino. Conviene raggiungere il sito in auto, vista l’assenza di protezioni per i pedoni sulla strada. Le visite didattiche, i percorsi sul Sentiero natura e l’osservazione degli uccelli vanno concordati con il Wwf di Macchiagrande.

La Torre di Maccarese

La torre, ubicata sulla sponda sinistra del fiume Arrone, in prossimità della foce, costituisce l’avamposto del Castel San Giorgio di Maccarese con la funzione di presidiare il corso d’acqua e soprattutto di sorvegliare la costa per proteggere il territorio dai pirati turchi o barbareschi. Fu costruita nel 1574 per volere di Papa Pio IV, probabilmente sui resti di una precedente vedetta medievale. L’edificio ha una pianta quadrata di 11 metri di lato ed è alto poco meno di 20 metri. È composta da quattro piani: ogni piano ha un salone e due piccole stanze. Attraverso una scala si può salire sino in cima. Nella zona circostante la torre è stato localizzato il sito dell’antica colonia romana di Fregenae, del III secolo a.C.

La torre di Maccarese

La Torre può essere raggiunta da Maccarese percorrendo verso Fregene il Viale di Castel San Giorgio e deviando sulla destra per Viale Tirreno. Quando la strada peggiora per i rigonfiamenti causati dalle radici dei pini, in prossimità di un gruppo di case, conviene lasciare l’auto e proseguire a piedi fino in fondo alla strada con una breve passeggiata tra i campi, della durata di dieci minuti. La Torre è inoltre raggiungibile da Fregene percorrendo tutto il Viale Sestri Levante.

La foce del fiume Arrone e l’Oasi del bosco

L’Arrone, antico Aro, è emissario del lago di Bracciano e, con un percorso di 45 km, sfocia a Nord di Fregene. La foce è fiancheggiata da un bosco igrofilo che ospita un’avifauna molto ricca nei diversi periodi dell’anno. La zona di Bocca di Leone, presenta tutti gli ambienti della fascia costiera: dalla vegetazione pioniera della duna mobile al ginepreto-lentischeto, dalla macchia bassa alla lecceta e agli ambienti umidi retrodunali. L’area è oggi protetta dall’Oasi Wwf Bosco Foce dell’Arrone che vuole conservare una delle zone costiere tirreniche laziali più intatte. L’Oasi è attraversata da tre sentieri natura per una lunghezza totale di circa 2,5 km che permettono di apprezzare i diversi ambienti presenti nell’area: il prato naturale, il bosco, la zona umida e la duna costiera.

L’ingresso dell’Oasi

L’accesso all’Oasi si trova al Villaggio dei Pescatori di Fregene. Un secondo accesso, non utilizzato, si trova in fondo al Viale Sestri Levante di Fregene, accanto al depuratore Acea che raccoglie e tratta gli scarichi di tutta la rete fognaria che si estende da Focene a Passoscuro.

Le vicende societarie

Nel 1925 la Sgibi, Società di bonifiche e irrigazione, partecipata dalle principali banche nazionali, costituisce la Maccarese Società Anonima di Bonifiche (Sab) con l’obiettivo del risanamento delle paludi. L’obiettivo viene raggiunto in una decina d’anni. La Società si trova gravata da forti passività a causa degli investimenti realizzati; beneficiando però di contributi statali, riesce a continuare la sua azione di bonifica anche dopo la grande crisi finanziaria mondiale del 1929. Nel contesto della soluzione politica della crisi il pacchetto azionario della Società viene ceduto prima alla Banca Commerciale Italiana e poi nel 1933 trasferito all’Iri, il nuovo Istituto per la ricostruzione industriale. Con l’Iri la società Maccarese viene rilanciata come azienda pubblica di riferimento per il Lazio ed è oggetto di vari piani di ristrutturazione fino agli anni Ottanta quando viene messa in liquidazione.

L’azienda Maccarese

Nel 1998, nell’ambito del programma di privatizzazioni avviate dal Governo, è acquistata dal Gruppo Benetton che ne avvia la ristrutturazione. Attualmente la Maccarese Spa con i suoi 3.200 ettari pianeggianti e per le sue dimensioni si colloca al primo posto in Italia. Le colture praticate in azienda sono seminativi, foraggi e ortaggi. Al suo interno dispone del più grande allevamento nazionale di vacche da latte, con una mandria di 3.600 capi presenti.

Le idrovore di Maccarese

Le attività più strettamente legate alla bonifica e in particolare all’irrigazione, alla bonifica e difesa del suolo e alla manutenzione degli impianti sono continuate dal Consorzio di bonifica del “Litorale nord”, che nasce dalla fusione dei precedenti consorzi di bonifica “Tevere e Agro Romano, “Pratica di Mare” e “Maremma Etrusca”.

La ricerca scientifica

Nella seconda metà degli anni Ottanta l’Iri di Romano Prodi che possedeva la tenuta di Maccarese propose che la zona fosse anche destinata alla ricerca biologica e agricola. Nel 1987 si costituì a Maccarese il Consorzio Agrital Ricerche su iniziativa del prof. Scarascia Mugnozza, allora Rettore dell’Università della Tuscia. Erano membri del consorzio il Consiglio Nazionale delle Ricerche, il gruppo Iri, Enichem Agricoltura, l’Ente Regionale di Sviluppo Agricolo del Lazio e l’Enea. L’idea costitutiva era quella di realizzare un istituto agile che potesse fare da tramite tra il mondo della ricerca e quello dell’industria per facilitare il trasferimento tecnologico e l’applicazione pratica delle ricerche scientifiche. Agrital Ricerche ha operato per 20 anni su un ampio spettro di temi: dal miglioramento varietale di colture agrarie, alla genetica, dal riciclaggio dei sottoprodotti agricoli, all’applicazione di nuove tecnologie a basso impatto ambientale, dal settore sementiero a quello forestale, a quello zootecnico, ai rifiuti solidi urbani e ai rifiuti verdi.

La sede di Maccarese dell’Ipgri e di Bioversity International

Altro insediamento di ricerca a Maccarese è Bioversity International, la principale organizzazione internazionale a occuparsi della conservazione e utilizzo della biodiversità per l’agricoltura e la silvicoltura. Fondata nel 1974, sotto l’egida della Fao, come Ipgri (International Plant Genetic Resources Institute), essa ha subito diverse trasformazioni prima di assumere la sua attuale denominazione nel 2006. Dal 1994 Bioversity opera come centro indipendente della rete internazionali di centri di ricerca in agricoltura CGIAR (Consortium of International Agricultural Research Centers).

La cartografia conservata nell’Archivio storico

L’Archivio storico dell’Azienda agricola Maccarese è stato aperto ai ricercatori negli spazi restaurati del Castello San Giorgio, in collaborazione con la Fondazione Benetton Studi e Ricerche. Circa cinquecento metri di documenti, registri e faldoni, appunti, statuti e bilanci, verbali di riunioni e incontri, fotografie, disegni tecnici e planimetrie, registri contabili e di produzione, documenti di progetto, corrispondenza con enti e istituzioni, ruoli e fascicoli del personale costituiscono un unicum in Italia e uno dei più ricchi patrimoni archivistici di azienda agraria conosciuti.

La protezione della natura

La volontà di tutelare quei brandelli di natura scampati all’urbanizzazione del litorale e di preservare il tipico paesaggio della Campagna romana ha motivato l’istituzione nel 1996 della Riserva naturale statale del Litorale romano. Il mosaico di ambienti naturali comprende boschi sempreverdi, fiumi, argini e foci fluviali, dune, zone umide, distese di macchia mediterranea, tratti di campagna di sorprendente bellezza.

Il viale degli eucalipti

I paesaggi agrari salvaguardati sono quelli della bonifica, dominati dalle linee rette di canali, collettori e idrovore, insieme con il reticolo dei minuscoli borghi rurali. Nella Riserva sono poi incastonati ambienti di particolare pregio che hanno meritato una protezione speciale. Siti delicati come la Macchiagrande di Focene, le vasche di Maccarese, il bosco di Castel di Guido, la foce dell’Arrone, hanno un accesso regolato e sono gestiti in modo esperto da organismi specializzati come il Wwf e la Lipu.

La mappa della Riserva naturale del Litorale Romano

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