Abruzzo. Sul tratturo, da Collarmele a Forca Caruso

Partiamo da Collarmele. La chiesetta di Santa Maria delle Grazie, a margine del paese, accanto al Parco Tratturo e al Cimitero, è un buon punto d’inizio. Malinconiche stampelle di legno rimediano agli acciacchi dell’abside, lasciati in eredità dal terremoto del 2009. Ma la facciata è sempre splendida, luminosa, abbagliante. Le maioliche multicolori formano un arazzo intessuto dai simboli dei maggiori casati del tempo con una corona di frutti intorno al simbolo del sole. Il portale classico, le due finestrelle quadrate, l’occhio in alto e le nicchie con le statue di Pietro e Paolo, completano gradevolmente il prospetto rinascimentale.

La facciata di Santa Maria delle Grazie a Collarmele

Dalla chiesa si lascia a sinistra la Tiburtina-Valeria e si segue ora la strada bianca del tratturo (frecce rosse con la sigla RT) che compie un ampio semicerchio alla base dei colli che ospitano una pineta e un campo di pannelli solari. Dopo due km, a un incrocio di sterrate, dove ci si riaccosta alla ferrovia e all’autostrada, il tratturo svolta decisamente a sinistra (nord-est) e s’infila in un valloncello sassoso che risale il colle di Magliano. La natura demaniale del tratturo ha favorito il passaggio dei vettori di energia, come il metanodotto (i cippi e le paline della Snam ci accompagneranno per tutto il percorso) e i cavi interrati dell’elettricità a media tensione. Sui colli si alzano le grandi pale del parco eolico. Al termine della salita troviamo una cava, che aggiriamo sulla sinistra. Proprio di fronte alla cava, sul punto di valico, a mille metri di quota, il cippo del tratturo si mette in mostra e ci rassicura sul percorso.

Il cippo a quota mille

Proseguiamo ora in piano nell’incassato valloncello che affianca la statale, seguendo la pista del metanodotto, fino a sbucare in campo aperto. Davanti a noi si apre il grande spazio del Piano di San Nicola. Superata la strada bianca che scende dall’impianto eolico, mentre la strada statale compie una larga curva, seguiamo l’andamento lineare del tratturo al centro della conca.

Il tratturo sul piano di San Nicola

A sorpresa calchiamo esattamente il sedime dell’antica via romana Valeria che da Cerfennia (l’odierna Collarmele) raggiungeva Corfinio e le gole di Popoli. Si osserva la sua lieve sopraelevazione sul terreno circostante e si apprezza il lavoro sugli argini, mirato a difendere la strada dall’impaludamento. Gli ingegneri stradali dell’antica Roma ci sapevano fare…

I ruderi delle Case Mascioli

Un percorso parallelo (che si può seguire al ritorno) costeggia la base del colle della Forchetta e consente di osservare le depressioni della località Pantano (una di queste ospita un laghetto abbeveratoio per gli animali) e poi di curiosare tra le rovine delle Case Mascioli, testimonianza di antichi insediamenti legati a monasteri ormai scomparsi.

Gregge sul tratturo

Una strozzatura segna il confine tra il piano di San Nicola e il successivo piano di San Rufino. Poco prima, sulla destra è un caratteristico “stazzo”, il recinto di riposo notturno del gregge, affiancato da un ricovero. Superato il piccolo valico, si traversa il pianoro scegliendo se tenersi in alto (sul sentiero che affianca la statale o direttamente sull’asfalto) o seguire la pista che scende sul fondo del pianoro.

Il piano di San Rufino

Non lontano è una fattoria, che è ancora oggi esempio della tradizionale integrazione tra agricoltura di montagna e allevamento. Sul colle dietro la fattoria è ancora evidente il taglio a mezza costa dell’antica strada romana che lasciava qui la Via Valeria, costeggiava il pianoro e scendeva in direzione sud verso Pescina e la valle del Giovenco.

Il valico di Forca Caruso

L’escursione sul tratturo termina a Forca Caruso, al km 143,300 della strada statale n. 5  “Tiburtina Valeria”. Siamo alla quota di 1107 metri, sul ventoso valico che separa la conca del Fucino dalla Valle Subequana. Forca Caruso è oggi un luogo semi-sconosciuto agli stessi abruzzesi. Chi viaggia tra i due mari percorre veloce i viadotti e le gallerie delle nuove autostrade. E il vecchio negletto valico è stato accantonato ed è diventato un luogo remoto e nascosto. Ieri non era così. La consolare Tiburtina Valeria, che transitava sul valico, era il collegamento obbligato per le auto in viaggio tra l’Abruzzo e Roma. L’altroieri era un addirittura un affollato passaggio per le tribù italiche dei Marsi e dei Peligni, per le legioni romane che marciavano da Cerfennia a Corfinium, per le greggi transumanti che salutavano il lago del Fucino e scendevano in valle Subequana, per le diligenze postali e anche per i briganti. Un valico temutissimo per le sue tempeste di vento e per la neve che vi stazionava tutto l’inverno.

Il cippo del tratturo a Forca Caruso

Proprio sul valico, dov’era una casa cantoniera di cui restano solo le fondamenta, saliti pochi metri sul pendio di Monte Ventrino, troviamo un altro cippo che segnala il passaggio del R(egio) T(ratturo). Dopo esserci affacciati sul versante della valle subequana, possiamo riprendere la via del ritorno. Per i tempi di percorrenza occorre prevedere almeno due ore e mezza per l’andata e due ore per il ritorno a Collarmele

Sul piano di San Nicola

(Percorso effettuato il 31 marzo 2017)

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