Sull’antica via Clodia, tra Respampani e Tuscania

I Romani costruirono l‘antica Via Clodia tracciando un percorso intermedio tra la Via Aurelia e la Via Cassia. La strada era ritmata dalle stazioni di sosta (mansio) della Storta, Galeria, Vigna di Valle, Bracciano, Blera, Vetralla, Tuscania, Marta, Canino (o Ischia di Castro), e terminava a Saturnia. Realizzata già nel terzo secolo avanti Cristo, la strada risultò funzionale alla conquista romana dell’Etruria e poi allo sviluppo dei traffici mercantili con le nuove città.

Il basolato della Via Clodia a Tuscania

L’escursione che proponiamo segue idealmente il percorso della via Clodia nel territorio compreso tra la tenuta di Respampani e la città di Tuscania. Proprio a Tuscania la Via Clodia riemerge dall’oblio e si mostra con l’antico basolato recuperato all’ingresso della città.  Il nostro punto di partenza si trova lungo la strada provinciale n. 11 “Vetrallese” che collega Vetralla a Tuscania. Possiamo lasciare l’auto esattamente al km 16. A destra (per chi proviene da Tuscania) parte una strada sterrata chiusa da una sbarra che seguiamo a piedi in direzione sud, costeggiando un grande ovile. Superata la confluenza da sinistra di una sterrata proveniente dal vicino agriturismo di Poggio Colone, entriamo nell’area protetta della Riserva naturale regionale di Tuscania e proseguiamo fino a scorgere sul declivio a destra della strada, subito dopo un capannone per il fieno, la caratteristica cupoletta della Capanna di Sasso.

La Capanna di Sasso

L’affioramento roccioso è stato probabilmente scavato in epoca etrusca per ricavarne una tomba di famiglia. Sulla base rocciosa preesistente è stata poi costruita, presumibilmente in epoca moderna, una capanna con cupola a tronco di cono, utilizzando blocchi di tufo e un legante. L’esistenza di finestre, di un foro di sfogo dei fumi e di un camino fanno ipotizzare l’utilizzo come caseificio a servizio di un ovile. Tornati sulla strada sterrata, la abbandoniamo subito per scendere sull’opposto versante boscoso. Superata la recinzione, individuiamo una larga pista, prima terrosa e poi rocciosa, che scende a ripidi tornanti sul prato sottostante a margine del quale scorre il torrente Pantacciano.

Il ponte sul fosso Pantacciano

Traversato il prato e raggiunto il suo punto più basso troviamo un ponticello di legno che ci consente di valicare il corso d’acqua. Il ponte ha requisiti di sicurezza decisamente bassi, ma risulta provvidenziale per evitare guadi avventurosi. Ritrovata la pista sterrata, la si risale sul fianco opposto della valletta fino ad affacciarsi sul terrazzo della Porcareccia. La parete rocciosa a sinistra è traforata da una successione di grotte utilizzate fino al recente passato come stalle. È ancora in piedi il recinto esterno di canalizzazione per la mungitura. Le grotte artificiali sono molto profonde e sono dotate di stalli notturni e di camini. In un caso si può ipotizzare una preesistente cavità tombale etrusca, dotata di scala di accesso e di letto funebre.

Le grotte-stalle della Porcareccia

Visitate le grotte si riprende la sterrata in salita, fiancheggiata in questo tratto da altane per la caccia. Raggiunta la sommità e l’incrocio a T con la strada bianca, il panorama si apre sulla grande tenuta agricola di Rocca Respampani. Centinaia di ettari sono occupati dalle coltivazioni di cereali e foraggi e dagli allevamenti dei bovini di razza maremmana, caratteristici per le lunghe corna. Altre centinaia di ettari sono occupati da bosco ceduo, soggetto a tagli periodici. In fondo, sul colle a destra, appare la turrita Rocca nuova, l’imponente palazzo-fattoria di origine seicentesca.

La Rocca di Respampani

Per raggiungerla si va a destra e si cammina lungamente sulla strada bianca che attraversa il bosco ed esce poi allo scoperto, valicando il torrente su un ponte. Il giro del palazzo, rimasto incompiuto, consente di studiarne le diverse strutture funzionali alla gestione della tenuta. Una lapide di marmo sul portale ne racconta la storia.

Il fosso del torrente Traponzo

Alle spalle della Rocca, superato un cancello, una strada scavata nel tufo scende ripidamente sul greto del torrente Traponzo e conduce al caratteristico ponte medievale a schiena d’asino, detto di Fra’ Cirillo.

Il ponte a schiena d’asino di Fra’ Cirillo

Il territorio oltre il ponte è occupato dal poligono militare di Monte Romano: l’accesso è dunque vietato, anche per evidenti ragioni di sicurezza personale. Proseguendo sulla mulattiera che costeggia il torrente e superato un bastione roccioso si arriva alla base del colle sul quale sorge la Rocca vecchia di Respampani. Ne sono ancora visibili i ruderi del castello, una sezione delle imponenti mura difensive e una chiesa con la svettante torre campanaria a vela bifora. Per la verità la salita alle rovine della rocca non è molto invitante. Più avanti il torrente confluisce nel corso del fiume Marta.

I ruderi della Rocca vecchia

Sulla strada del ritorno si può intuire quale fosse il percorso dell’antica Via Clodia, anche se esso risulta ormai abraso a causa della sovrapposizione della viabilità medievale. L’ambiente naturale, con la sua alternanza di bosco e di campo, di colli e di fossi, risulta appagante.

Il paesaggio roccioso

Il percorso nel suo complesso, tra andata e ritorno, richiede tra le cinque e le sei ore. Se ad alcuni esso risultasse un po’ lungo. potrebbe comunque spezzarlo in due, separando la visita di Respampani dalla passeggiata alla Capanna di Sasso e alla Porcareccia.

La mappa dell’escursione

Chi volesse approfondire il percorso della Via Clodia potrà utilizzare il libro “Via Clodia” di Marta Giacobelli nella collana “Antiche strade” del Poligrafico dello Stato, la guida “Clodia – antica via delle terme” di Giancarlo Mariotti Bianchi e Vittorio Paielli per le edizioni Il Lupo e il sito http://www.anticaviaclodia.it/.

Il ponte di Fra’ Cirillo sul torrente Traponzo

(Percorso effettuato il 15 febbraio 2019)

Lascia un commento