Le torri della Campagna Romana

Roma è una grande città “verde”. Lo è al suo interno, grazie al sistema dei suoi parchi e delle celebri ville. E lo è anche alla sua periferia, dove, nonostante l’urbanizzazione, la Campagna romana ha spesso mantenuto intatte le sue caratteristiche. La passeggiata che proponiamo ci porta alla scoperta dei tratti tipici del paesaggio agrario romano: i vasti terreni seminativi, le estese e compatte colture specializzate, gli ampi panorami, l’arcadia delle greggi al pascolo, i nuclei fortificati turriti medievali, gli antichi casali rinascimentali, gli insediamenti della bonifica, i filari di pini marittimi, i boschetti.

La Vaccheria del Cerqueto

Visitiamo le tenute storiche del Cerqueto e di Torre Maggiore, comprese tra le vie Ardeatina e Laurentina, a cavallo dei comuni di Pomezia e Ardea. Qui la Campagna Romana fronteggia gli invadenti insediamenti industriali, le fabbriche, la logistica, i depositi di merci e carburanti, gli agglomerati industriali di Pomezia e Santa Palomba, il flusso continuo dei Tir e degli autofurgoni frigo, i treni dello scalo merci di Pomezia. Sono le due facce della cintura romana, quella della tradizione e quella dello sviluppo moderno. Il contrasto è marcato, perfino violento. Ma aggiunge interesse e riflessioni alla passeggiata.

Gregge al pascolo nel Parco degli acquedotti

Si può partire a piedi direttamente dalla stazione ferroviaria di Pomezia, servita dai frequenti treni regionali della linea Roma-Napoli. Usciti dalla stazione, s’imbocca a destra la via della Siderurgia, che costituisce l’asse della nostra passeggiata. Dopo un parcheggio di scambio, valichiamo il fascio dei binari su un cavalcavia pedonale. Il tratto successivo di strada è condizionato nei giorni lavorativi dal traffico diretto ai magazzini dell’area. Superato però l’insediamento industriale, il paesaggio si apre e diventa immediatamente tranquillo. Le tappe del percorso sono individuate da tre torri: la Torre Maggiore, la Torre Fausta e la Torre del Cerqueto. Lo sviluppo è di circa tre km. Tra andata e ritorno sono necessarie tre ore di camminata tranquilla.

La Torre Maggiore

La Torre Maggiore

Provenendo dalla stazione di Pomezia e varcato il cavalcavia ferroviario, la Via della Siderurgia traversa l’area industriale ed effettua una prima curva ad angolo retto sulla sinistra e poi una doppia curva sulla destra. Qui la si lascia per una temporanea deviazione e ci si infila su Via della Chimica, stretta tra le cisterne di carburante dell’Eni e il magazzino delle merci della Pam di Santa Palomba. In fondo alla via senza sbocco, troviamo la recinzione che protegge l’area vincolata. Il contrasto tra la modernità e il passato è macroscopico. La Torre Maggiore svetta su pochi ettari di verde residuo, assediata su tre lati dalle costruzioni moderne. Ferita da una lunga frattura verticale sul lato meridionale, forse agonizzante, difende faticosamente il prestigio che le deriva dall’altezza e dal suo ruolo di presidio e ‘porta’ dell’Agro romano. Ha pianta quadrata, è alta 34 m e si sviluppa su cinque piani, dotati di finestre. La torre è affiancata da una cinta muraria merlata. L’insieme è assolutamente pittoresco. La “turris cum claustro” è una tipologia costruttiva molto in auge nel Medioevo e in particolare nella Campagna Romana. La torre fortificata aveva una naturale funzione di presidio del territorio e di controllo sulla via Ardeatina antica. Ma aveva anche un ruolo nell’economia rurale del tempo. Già nel settimo secolo sorse qui la domusculta di sant’Edisto, una di quelle grandi aziende agricole del patrimonio di San Pietro, promosse dai pontefici per arginare la crisi degli approvvigionamenti della città di Roma e riattivare l’attività agricola dopo la crisi successiva alla caduta dell’impero. Nei secoli successivi si sviluppano le grandi aree agricole, abbinate alle “tenute di campagna” di proprietà delle famiglie nobiliari romane. La Torre Maggiore apparteneva in particolare alla famiglia dei Savelli, detentrice peraltro di numerosi altri castelli nella zona.

La Torre Fausta

La Torre Fausta

Rientrati sulla Via della Siderurgia, si prosegue in direzione della campagna, fino al termine dell’area dei magazzini. Qui svetta la Torre Fausta, edificata nel 1927 a presidio della riserva idrica per l’irrigazione dei campi. Si tratta infatti di una torre idraulica utilizzata per sollevare l’acqua del pozzo sottostante a una quota utile per essere immessa nel circuito idrico. La torre apparteneva al proprietario terriero conte Giovanni Ticca. Il blasone della famiglia spicca sulla parte alta del corpo murario.

Il borgo del Cerqueto

 

La torre medievale del Cerqueto

Si prosegue su via della Siderurgia. L’asfalto termina e si cammina ora su terra battuta. Il paesaggio industriale svanisce alle nostre spalle e sfumano anche i rumori provocati dal flusso continuo dei Tir. Dopo un breve tratto ancora parallelo alla linea ferroviaria, si volta a destra (sud-ovest). Si avvicina il piccolo borgo del Cerqueto, preceduto da edifici agricoli in rovina: la vaccheria con il fontanile a sinistra e i depositi del fieno sulla destra. Il Cerqueto è costituito dai resti di un antico castello medievale fortificato e munito di torre. Il nome ricorda la presenza di boschi di querce che diedero l’appellativo alla zona in età medievale. Il complesso si trova su una collinetta in posizione strategica, poiché il tracciato orientale della strada per Ardea passava in età antica proprio nei pressi del castello. Il moderno casale, anche se più volte restaurato, mostra chiaramente la sua origine medievale: all’interno è presente una torre (di circa 20 m. di altezza) quadrata e con la base rinforzata a sperone, costruita in blocchetti di tufo. Ha ancora le finestre originali con stipiti in peperino. La torre era circondata da un antemurale sul quale è stato in seguito costruito il recinto attuale composto da una serie di caseggiati.

Il Casale del Cerqueto

L’ultimo restauro del Cerqueto avvenne in età fascista quando l’antico castello fu convertito in un vasto casale agricolo munito di una serie di ambienti consoni all’attività agro pastorale, allor quando venne acquisito dal conte Giovanni Ticca. Il pastore che abita in loco aiuta cortesemente nella visita e spiega la funzione dei diversi locali: la residenza del fattore, gli appartamenti numerati dei dipendenti, il fontanile, i gabinetti e le docce con uso separato per uomini e donne, il magazzino dei cereali, la cappella, l’appartamento del prete, gli interni dotati di camino, le scalinate d’accesso al piano superiore. Il complesso è stato utilizzato fino alla seconda guerra mondiale ed è stato poi gradualmente abbandonato. Si trova oggi in un malinconico stato di degrado ma è ancora perfettamente leggibile.

Il paesaggio della Campagna Romana

Il Borgo del Cerqueto sullo sfondo dei Colli Albani

Conviene proseguire ancora per un tratto sulla strada sterrata che segue la linea ondulata dei colli. Si ha così la percezione delle continue variazioni del paesaggio agrario, delle lunghe alberate, dei boschetti, dei vasti terreni seminativi e dei loro rapporti con i casali costruiti sulla sommità di poggi e crinali. Sulla via del ritorno si vive l’emozione del panorama scenograficamente dominato dall’inconfondibile profilo dei Colli Albani e in lontananza dei monti Lepini. Scorrono le immagini del palazzo papale di Castelgandolfo, della città di Albano, di Rocca di Papa aggrappata al Monte Cavo, del ponte di Ariccia e del palazzo Chigi. Poi, più prosaicamente, si rientra nei confini dell’area di sviluppo industriale di Santa Palomba.

Il casale diruto

Per evitare il continuo passaggio di Tir e furgoni, si può traversare un campo e raggiungere il vialetto che costeggia la linea ferroviaria. Sorgono qui altri due casali agricoli in rovina e degradati a discarica. Essi mostrano tuttavia una certa loro originalità architettonica che fa ipotizzare l’antica destinazione a uffici e a officina dell’azienda agricola. Lo stradello termina nei pressi del cavalcavia pedonale. Varcato il fascio dei binari si ritorna rapidamente alla stazione ferroviaria di Pomezia.

La tutela

La dichiarazione d’interesse pubblico

La tutela di questa porzione di Campagna romana è stata attuata con il Decreto del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo del 27 ottobre 2017 dal titolo “Dichiarazione di notevole interesse pubblico dell’area «Tenute storiche di Torre Maggiore, Valle Caia e altre della Campagna Romana, nei comuni di Pomezia e Ardea» (Gazzetta Ufficiale n. 276 del 25 novembre 2017). L’area si pone in continuità con il Parco regionale dei Castelli Romani e con la Riserva naturale di Decima Malafede.

 

(Ho effettuato la ricognizione del percorso il 18 novembre 2017)

2 pensieri su “Le torri della Campagna Romana

  1. tutto intorno se si guarda attentamente il terreno, ci sono state antiche fattorie /capanne dei tempi sia di roma repubblicana sia imperiale. sparsi quà e là si possono trovare resti di vasellame e pezzi di tegole di antiche sepolture (materiali fittili )sbriciolati ormai dai tanti passaggi di aratri e trattori.io li conosco molto bene quei posti, mi ci portava mio papà a caccia da bambino, e alcuni contadini che lavoravano anni fà nelle fattorie dei Torazzi gli hanno fatto vedere monete e fibule che trovarono nei terreni sopra citati. la famosa via sacra ,passava li vicino, e anticamente erano i confini con i popoli Rutuli, primi nemici di roma.

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